Parte dal racconto della fondazione di Solidarnosc, definito come un sindacato nato per unire ogni classe sociale e culturale contro le divisioni del mondo, l’incontro al teatro sociale con il premio Nobel per la pace ed ex presidente della Repubblica di Polonia Lech Walesa, e da un appello perché il secondo capitolo del dopo caduta del muro di Berlino – quello che secondo il presidente avrebbe dovuto creare un mondo senza confini – diventi finalmente un obiettivo. Il centro dell’Europa, con l’Italia tra le potenze che possono fare la differenza, deve unirsi, riorganizzarsi in una Solidarnosc nuova. Sulla camicia di Lech Walesa “Solidarnosc” e “Costituzione”, un promemoria perché “abbiamo combattuto il fascismo e il comunismo – ha detto il premio Nobel – ma abbiamo sottovalutato la democrazia e lasciato che demagoghi e populisti prendessero il potere”. Sul bavero una Madonna, perché il presidente è un cattolico praticante, e la bandiera ucraina. Sulla guerra il premio Nobel ha le idee chiare: si tratta di un conflitto che l’Ucraina combatte anche per la Polonia, che si è rifugiata nella Nato e nell’Ue, ma il problema fondamentale è la politica russa, che Walesa definisce senza mezzi termini “sbagliata”. “Non siamo contro i russi: bisogna aiutare il popolo a vivere in un Paese normale” – ha detto il premio Nobel che identifica nella possibilità di governare per oltre 10 anni il seme di ogni corruzione ed estremismo a Mosca. In sostanza per Walesa la pace si costruisce con la politica. “è ancora in atto la vecchia logica di includere con la forza i territori più fragili mentre i paesi evoluti esercitano l'influenza con Nato, ONU e UE” ha spiegato. “Nel futuro dovete abolire le divisioni in Stati ed evitare blocchi opposti e realtà minute: già la tecnologia non rispetta tali frontiere ma le travalica”. Il sogno del premio Nobel è quello di un mondo unito sotto un’unica guida. Sulle armi all’Ucraina “noi non abbiamo sparato un colpo – ha concluso - e abbiamo vinto lo stesso”.